Il contributo di
Stefano Bidetti
Gallieno Ferri non è soltanto un mito della mia infanzia, un grandissimo maestro della magia in un pennello o un disegnatore capace di illustrare i miei sogni prima che io riuscissi a farli, o a farmi vedere in anticipo esattamente l’avventura che avrei voluto vivere. Gallieno è stato anche un caro amico, da subito, un padre, un fratello più grande, un compagno di giochi, dotato della modestia di far finta che voleva lui farsi insegnare qualcosa da te, un bimbo che fino all’ultimo si è divertito a giocare con le sue passioni. L’ho più volte sentito ringraziare la vita per avergli consentito di fare quello che più gli piaceva, e Sergio Bonelli per avergliene poi dato la possibilità. Dopo aver sognato per anni, come tutti, sulle sue tavole, sono riuscito a conoscerlo soltanto nel 2010, in occasione di una mostra a Stradella che ruotava intorno a Sergio Bonelli, anch’egli presente, e a Mister No, per cui c’era anche Roberto Diso. Trovarsi insieme ai propri miti è un’emozione che solo chi la prova può capire. In quel giorno mi trovai tra Zagor e il suo doppio, e mi sentivo come un bimbo al parco giochi.
Con Gallieno poi ci siamo sentiti e visti più volte. Sono andato a trovarlo spesso a casa sua, anche solo di passaggio per salutarlo e magari prendere un caffè insieme, o andare a mangiare una focaccia al formaggio. Lentamente abbiamo poi approfondito la nostra amicizia, con il piacere di sentirci anche solo per sapere come stavamo. Ci siamo poi incontrati in occasione delle tante fiere o eventi cui il maestro veniva invitato, a Milano (Cartoomics), a Lucca, a Viareggio, ad Albissola, a Santa Margherita Ligure, e così via. Sempre disponibile, sempre gentilissimo, sempre modesto e cortese come solo un gentiluomo di altri tempi avrebbe saputo essere.
Ma il nostro incontro che voglio raccontare è avvenuto in tutt’altro luogo, quando ebbi l’occasione di andarlo a trovare tra le sue montagne preferite. Gallieno ha sempre amato il mare, ma anche la montagna era un luogo per lui importante, un posto dove amava rifugiarsi in inverno, per dedicarsi tranquillamente agli sport invernali, come ha fatto fino a poco tempo fa, o in estate, per percorrerlo in lungo e in largo, a piedi o in canoa, instancabile ed entusiasta come in tutte le sue cose. Trovandoci abbastanza vicini, nell’agosto del 2012 mia moglie e io andammo a Lurisia, frazione del Comune di Roccaforte Mondovì, ai piedi del Monte Pigna nelle Alpi Liguri, suo luogo di villeggiatura montana preferito. Gallieno si era subito dimostrato contento all’idea che lo andassimo a trovare. Ci accolse come sempre con grande affetto, ci mostrò la sua casa e il luogo dove questa si trovava, poi ci propose di salire in montagna. Non ci fu verso di usare la nostra vettura, si mise in un attimo al volante e in poco tempo ci portò in cima a un altopiano, per condurci nel suo bosco, quello al quale – come mi disse - si ispirava per disegnare gli alberi di Darkwood. Passeggiando accanto a lui fra gli alberi mi rendevo conto di dove nasceva il suo Zagor, di dove Gallieno sentiva risuonare l’urlo dello Spirito con la Scure capace di terrorizzare i nemici e rassicurare invece le persone in difficoltà, di dove lui lo vedeva lanciarsi di liana in liana per percorrere a gran velocità la sua foresta. Avevo la sensazione che Gallieno mi stesse regalando una parte dei suoi segreti, un ingrediente di quella ricetta magica utilizzata per anni per creare con pochi tocchi di pennello la magia dell’azione, della suspense, dell’Avventura più coinvolgente. E Zagor era effettivamente lì, dietro ciascuno di quegli alberi, fra quelle chiome verdi; oppure era semplicemente al mio fianco, dietro quel viso tranquillo e calmo che mi raccontava il suo rapporto con la montagna, coi suoi silenzi, coi suoi misteri. Quel giorno ho passeggiato con Zagor, e ancora oggi lo sento al mio fianco, come quando ero piccolo, come ogni volta che ne leggo le storie, come sempre sarà nel mio futuro. Se da un lato “Guido Nolitta” aveva creato Zagor in tutte le sue sfaccettature più umane, Gallieno lo aveva interpretato anche nella sua vita, trasferendo nello Spirito con la Scure i suoi valori di umanità, di senso del reale, di modestia, di sensibilità, di senso della giustizia. Forse per questo il loro Zagor ha funzionato per tanti anni; per questo ci ha coinvolti tutti, noi “ragazzi” degli anni ’60, trascinandoci in un mondo incantato, ma al tempo stesso reale, vero, uguale a quello che ci aspettava fuori dalla porta.
Poi, alla fine della nostra passeggiata, Gallieno ci ha voluti invitare a pranzo. Eravamo a casa sua e non c’era modo di fare complimenti. Così abbiamo brindato con del buon vino rosso, e da allora continuo a brindare a lui e a tutto quello che mi ha saputo regalare con la semplicità del suo modo di essere e con la delicatezza del suo tocco di pennello! Non posso che tornare con la mente alle vignette di quelle prime storie in cui la sua palude, le sue ambientazioni, le sue atmosfere magiche mi facevano vivere in un’altra dimensione, in cui era possibile ascoltare il lento sciabordio dell’acqua intorno alla canoa o la calma lentezza di quel mondo.